"LE PERSONE NON FANNO I VIAGGI, SONO I VIAGGI A FARE LE PERSONE" (John Steinbeck)

Parafrasando John Steinbeck (... tratto e interpretato dall'incipit del romanzo "Viaggio con Charley")
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A - B - C - D - E... Elefanten Treffen 2005

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Le cose successe e le esperienze intensissime vissute insieme ai miei compagni d'avventura (...e mai termine fu più appropriato!) si accavallano alla rinfusa nella testa e ed è estremamente difficile riuscire a riordinare le idee e stendere un resoconto che segua un preciso filo cronologico. Mi tornano in mente vari "flash". Gli episodi sono stati tanti, principalmente divertenti, forse perchè sono quelli che si ricordano più volentieri, anche se non sono mancati momenti decisamente duri.
Così, a mano a mano che mi tornavano in mente, ho cominciato a trascrivere i vari ricordi e le diverse sensazioni, che inevitabilmente finivano per intrecciarsi tra loro. Ogni episodio ne richiamava un altro, e guardando le foto altri ancora si facevano spazio nella memoria. Non c’è un singolo avvenimento che può realmente definirsi più significativo di un altro. Alla fine l'unico modo che ho trovato per riordinarli senza fare torti e cercando di non tralasciare nulla è stato quello alfabetico. Ne è uscito quindi una sorta di "A, B, C..." della mia prima storica partecipazione
all'Elefanten Treffen. Una sequenza di immagini che resteranno scolpite a lungo nella mia mente. Prima di partire Luca ci aveva avvisato: "...si dice che un po’ si cambia una volta tornati dall’Elefanten Treffen..." Ebbene, nel mio caso è stato proprio così. Sono convinto di poter dire la medesima cosa anche per lo stesso Luca, per Daniel, Alberto, Giampaolo, Federico, Riccardo, Christian, Jury e Roberto.

A come ARGENTO, al secolo Daniel. Secondo me l’uomo simbolo di questo Raid. Casco jet calzato su un passamontagna di lana. Niente calzamaglia. Pantaloni pesanti ma non specifici. Niente termoscud a proteggere le gambe. Un bagaglio a dir poco essenziale. In sella alla Vespa più vecchia della pattuglia, che arrancava faticosamente dove le salite erano più dure ma che filava imprendibile in discesa in barba alle strade, ghiacciate o innevate che fossero. Per me una guida nella sua filosofia della Vespa e della vita ma anche sulla strada: cercando di stargli a ruota avevo sempre un preciso riferimento sulle migliori traiettorie da seguire. Instancabile esempio in sella e sempre disponibile con i compagni di viaggio. Mi ha colpito particolarmente in occasione dell’ultima fatale rottura della frizione di Rix: dopo che lo stesso si era ferito al braccio ed era stato portato all’ospedale, eravamo tutti demoralizzati, fortemente in ritardo sulla tabella di marcia, con ancora centinaia di chilometri di strada da percorrere. Argento senza dire una parola si è tolto i guanti e ha cominciato a rimettere insieme ciò che restava della Vespa di Rix. Tutto il gruppo si è subito come rianimato: c’era chi vuotava il cardaja (già pieno all’inverosimile!) per far spazio alla Vespa, chi aiutava a sistemare il PX smontando parabrezza e altre parti per poterlo caricare... un grande, che con il suo esempio ha saputo trascinare il gruppo senza dire una parola.
A come ABBIGLIAMENTO. Ognuno ha interpretato a modo suo questo aspetto fondamentale. Ci aspettavamo che facesse freddo, ma in realtà ha fatto molto più freddo di quanto almeno io potessi immaginare. C’è stato chi come Jury ha puntato su un abbigliamento supertecnologico (comprese mutante in goretex!) e chi (come me...) ha badato più alla quantità che alla qualità. Nei giorni prima della partenza ho rastrellato i grandi magazzini della mia zona alla ricerca di quanto potesse essere più utile e meno dispendioso. Alla fine ho raggiunto un equilibrio termico con un abbigliamento a "cipolla", stratificato. Sulle gambe pantacollant (da donna taglia XXL) coi piedi tagliati via + tuta da ginnastica attillata in felpa + calzoni in panno + pantaloni antivento foderati in pile. Mi ero portato anche una salopette da sci che non ho usato. Sul corpo maglia manica lunga in micropile + gilet in lana + maglione in pile + giacca imbottita Dainese + giaccone antivento da sci. Ai piedi dei "Canadesi" imbottiti + 2 paia di calzettoni in lana. Non posso dire di avere avuto caldo ma non ho nemmeno sofferto particolarmente il freddo. Diversi di noi hanno fatto ricorso a scaldamani e scaldapiedi chimici. Il capo di abbigliamento più invidiato era forse la termofodera elettrica che Luca indossava sotto la giacca, ma si sà, il Capo è sempre un passo avanti!

B come BIFI-ROLL (per maggiori dettagli vedere anche il sito www.bifi.de ), ovvero l'alimento che ci ha sfamato durante il tragitto. Si tratta di una specialità germanica che consiste in un salamino inglobato all’interno di una pagnottella. Questo snack si può trovare presso tutti i chioschi dei distributori di benzina. A ogni rifornimento si faceva una capatina all’interno di questi chioschi per scaldarsi e rimpinzarsi di Bifi-roll appunto, tavolette di cioccolata e bere qualcosa di liquido, meglio se caldo. Portarsi una bottiglietta d’acqua di scorta nello zaino o nel bauletto era una cosa perfettamente inutile. Inevitabilmente nel tempo della sosta successiva il suo contenuto era totalmente ghiacciato.


B come BOTTI, petardi e fuochi d’artificio. Con il calare delle tenebre lo sterminato accampamento all’Elefanten si ammantava di un’atmosfera irreale. Nella luce della sera decine di fuochi splendevano nell’oscurità e una fumosa cortina profumava l’aria con l’odore della legna bruciata. Con il buio iniziava il bombardamento. Da una tenda all’altra venivano sparati botti, petardi e bengala. Un costante stillicidio di esplosioni che si prolungava per tutta la notte. Nella nostra dotazione c’era soltanto qualche misero raudo. Poca cosa. Per rendere più movimentata la nostra serata Luca non ha trovato di meglio che buttarne un paio direttamente nel falò. I miei pantaloni e il pile di Roby porteranno per sempre il segno di quel simpatico diversivo.

C come CESTA, al secolo Alberto. Insieme a Daniel uomo simbolo di questo raid, anche se per aspetti completamente diversi. Ci ho messo un paio di giorni per capire come mai la bottiglia d’acqua che portava legata al portapacchi non si congelava. Non era acqua. Era grappa. È stato un po’ l’animatore del gruppo, come nei villaggi turistici. Le sue battute e le sue interviste attorno al fuoco hanno contribuito a farci socializzare meglio tra noi. "Chi sei? Che lavoro fai? Quanti anni hai? Hai famiglia?" erano le domande che a turno rivolgeva a tutti quanti. Unico in sella a una small che di originale aveva ben poco (a cominciare dai documenti, come ci ha fatto gentilmente notare un disponibile agente della stradale poco prima di arrivare a Cortina...) è rimasto vittima di ripetute forature alle chiodate e del sale che ricopriva le strade teutoniche. La mancanza di filtro all’ingordo carburatore lo ha costretto lungo la via del rientro a un paio di pulizie fuori programma. A Salisburgo ci ha deliziato con una capriola incespicando con l’anteriore sul cordolo di un marciapiede. Il meglio di se lo ha dato occupandosi del fuoco al campo. Secondo lui la pira non era a posto se le fiamme non raggiungevano i due metri di altezza. Quella notte c’erano -20 ma potevamo star seduti attorno al fuoco in mutande e canottiera. La nostra abbondante scorta di legna non è stata sufficiente. Nottetempo il buon Cesta armato di ascia si è calato nel fitto della foresta bavarese e ha abbattuto un abete in barba agli ovvi divieti. La mattina ciò che restava dell’albero ardeva ancora pigramente fuori dalla tenda. Un vero personaggio degno dei migliori esemplari incontrati su VOL.


C come CICALONE, al secolo Giampaolo. Dalla capitale con furore, insieme all’imperturbabile amico Senzabenza, per questa volta in sella in coppia su un PX in prestito in quanto ancora in attesa delle proprie Vespa attardatesi nel rientro dall’America. Indispensabile la sua mediazione in quanto "collega" per la felice soluzione del "affaire Cesta" alle porte di Cortina. Con una insaziabile fame di chilometri in Vespa non ha esitato a salire su un treno alla volta di Padova con pance PX e maxi marisa nella valigia. Discreto e sempre disponibile, un ottimo compagno di viaggio.

C come CARDAJA, ovvero il Land Defender che ci ha fatto da mezzo di supporto. A causa delle temperature polari e di un infame benzianaro cadorino che ci ha spacciato per gasolio artico della volgare nafta agricola, siamo stati noi a essere il mezzo di supporto per lui. In questo raid l’intervento tecnico più frequente è stato lo smontaggio e il riempimento del filtro del gasolio del cardaja. A Zell, per farlo ripartire siamo stati costretti a ricorrere a una pompa di Argento. Una pompa da materassino! Cosa avevate capito?!?

C come CUOCO e anche come CARBONARA e quindi Jury, l’uomo della cambusa. La cena attorno alla pira (chiamarlo fuoco sarebbe riduttivo) nell’accampamento all’Elefanten, soprattutto nelle condizioni e con l’attrezzatura disponibile è stata una cosa grande. Spaghetti alla carbonara, fettone di pancetta alla griglia, würstel & crauti, patatine al gusto "dado knorr" e birra, tanta birra fresca. Per la prima volta in vita mia, a una grigliata, per tenere i bidoni della birra al fresco (e non al gelo!) li tenevamo accanto al fuoco.

D come DORMIRE. Si crea una particolare situazione di promiscuità dormendo in dieci sotto la stessa tenda. La nostra era divisa in tre ambienti, di cui un ingresso e due "camere". Personalmente non ho incontrato particolari difficoltà nel vivere questa situazione. La stanchezza era tale che non mi ha infastidito particolarmente nemmeno il potente russare di Luca, tanto che una notte ha finito per buttare sangue dal naso. Fortunatamente ciò è avvenuto prima che noi altri cominciassimo a buttare sangue dalle orecchie a causa sua!

E come ELEFANTEN TREFFEN ovviamente. Fino a poco tempo fa una cosa di cui avevo spesso sentito parlare, senza avere un’idea precisa di cosa fosse. Per capire cos’è realmente bisogna andarci di persona, in Vespa, o comunque in moto dormendo in tenda. Diversamente si può dire solo di esserci andati, non di avervi partecipato. Contrariamente alle apparenze non è un raduno di esaltati. C’è uno spirito di gruppo che non ho mai provato in nessun altro raduno. C’è forse un elemento che può dare un’idea della particolarità di questa manifestazione: accanto ad alcune tende ho visto piantate nella neve delle croci con le foto di motociclisti deceduti, con vicino dei ceri accesi. Un maniera stupenda per ricordare tra amici anche chi non è più fisicamente tra noi, in una circostanza spensierata e non triste. L’ultima notte c’è stata una suggestiva fiaccolata fatta appositamente in memoria di quanti non potranno mai più partecipare all’Elefanten. Questo risvolto umano è una delle cose che più mi ha colpito di questa manifestazione veramente unica nel suo genere. È l’unico raduno tra quelli a cui ho partecipato sino a oggi a cui ho pensato che mi piacerebbe tornarci insieme ai miei figli.

F come FREDDO. Ho provato il freddo, quello vero. A casa guardando il termometro può venire da chiedersi a cosa serve che la scala graduata raggiunga i -30. A Zell, la prima notte in tenda e secondo me la più fredda, il termometro a raggiunto dei valori che non sono riuscito a riprodurre nemmeno mettendolo nel congelatore. Ho dormito vestito nel mio saccopelo (che non era specifico invernale), con il cappello in testa. Toglievo solo le scarpe, la giacca e i pantaloni antivento. Stavo bene, ne freddo ne caldo. Nella tenda c’era la stufa in funzione, ma la temperatura non è mai stata tale da far sciogliere la neve che inevitabilmente portavamo dentro entrando. A soffrire di più erano le estremità, mani e piedi. È un fatto fisico e non ci sono guanti o calze che servano: a certe temperature il corpo attiva un meccanismo di autoprotezione dirottando il sangue verso gli organi principali, quindi addome e testa, lasciando il resto a secco di irrorazione. Paradossalmente provavo più freddo durante le soste che non mentre ero in sella. Forse una questione di adrenalina. Anche riscaldarsi all’interno delle stazioni di servizio era controproducente perchè poi uscendo sembrava facesse ancora più freddo di prima. Al freddo anche la nostra amata tecnologia soffre. Il display dei cellulari e delle digitali si ghiaccia e funziona al rallentatore. Le batterie si scaricano a zero di botto, per poi riprendere a funzionare regolarmente se si riesce a scaldarle. I comandi della Vespa se troppo ingrassati ghiacciano. Solitamente mi porto una bottiglietta d’acqua nel bauletto. Questa volta non ho potuto utilizzarla; si è ghiacciata totalmente e l’ho riportata a casa in quello stato. Gli accendini tipo Bic e i fornelletti da campeggio a butano sono inservibili. Il gas non ha più la pressione per poter uscire dagli ugelli. Solo l’esperienza di Luca e Jury ha fatto si che avessimo una bombola di gas PROPANO che può essere utilizzato a quelle temperature per poter cucinare. Avevamo in cambusa del pane a fette confezionato. Quando ho provato a mangiarne una fetta senza scaldarlo è stato come mangiare un pezzo di cartone. Anche i fichi secchi prima di masticarli andavano tenuti in bocca per un pò per ammorbidirli. Tanto tanto freddo, fastidioso ma per me mai insopportabile. Avevo qualche altro indumento di riserva ma mi dicevo che l’avrei indossato solo quando non ce l’avrei fatta proprio più e sono riuscito a non farne ricorso.

F come FRIZIONE. Quella di Rix la più sofferente, ma anche la mia ha perso qualche colpo. In parte la colpa è anche delle manopole antifreddo. In quarta marcia con la manopola ruotata in basso la manopola oppone molta resistenza all’aria e tende a tirare la leva frizione. Se non si ha l’accortezza di tenerla aperta con le dita si può farla fuori senza accorgersi.

G come GOMME CHIODATE. Uno degli argomenti più gettonati nelle settimane precedenti alla partenza. Per uno strano gioco del destino la coppia di cerchi e copertoni che ho trovato per l’operazione di chiodatura non mi sono costati un centesimo. Li ho barattati per tre bottiglie di Malvasia che avevo portato a casa dal Freezer (il Vespa raduno di Modena). Le chiodate sono state indispensabili per muoversi all’interno dell’area dell’Elefanten, su e giù per la conca innevata della foresta bavarese. I percorsi totalmente innevati e ghiacciati sarebbero stati altrimenti impraticabili. Di giorno il via vai di motocicli arava la superficie tracciando dei binari naturali dai quali era vitale tenersi alla larga con le piccole ruote delle Vespa. La notte si ghiacciava tutto. Grazie alle nostre chiodate che hanno frequentemente destato l’attenzione di chi ci incontrava non abbiamo mai avuto problemi di mobilità. Ho schivato con soddisfazione un pachidermico Transalp che mi precedeva lungo una salita, che era pesantemente franato a terra. Diversi sono stati i sidecar che hanno dovuto farsi letteralmente trainare dai quad di servizio per poter lasciare l’area del raduno.

G come GHIACCIO. Tutto e dappertutto. I barilotti di birra andavano messi nel fuoco per poter essere spillati. Ho rinunciato a lavarmi i denti perchè il dentifricio non usciva dal tubetto. Per un curioso fenomeno fisico le bevande confezionate sottovuoto non congelavano fin quando non si cercava di aprirle: un attimo prima erano allo stato liquido, ma non appena entrava un minimo d’aria cominciavano a congelarsi sotto i nostri occhi. In meno di un minuto una bottiglia di Cola passava prima a uno stato tipo granita, per poi divenire nel giro di pochi secondi un unico inservibile blocco di ghiaccio.

I come INCIDENTE STRADALE. L’ultimo incredibile imprevisto del nostro viaggio. Avevamo appena recuperato Rix dopo che gli era stato ricucito il braccio all’ospedale, in mostruoso ritardo sulla tabella di marcia, serenamente rassegnati alle centinaia di chilometri che ancora ci mancavano. Percorrendo una rampa che ci avrebbe immesso su una superstrada un’auto che ci precedeva è uscita di strada incastrandosi lungo un muro poco prima di cadere di sotto. La scena è stata veramente angosciante in quanto a bordo c’erano una donna con tre bimbi piccoli, tutti fortunatamente legati ai sedili. Un bimbo strillava disperato mentre gli altri, donna compresa erano come paralizzati dallo shock. L’abitacolo era invaso da un fumo biancastro e la paura è stata quella che l’auto stesse per incendiarsi. Tutti ci siamo precipitati in aiuto. Gli occupanti dell’auto sono stati estratti brutalmente ma efficacemente e messi a distanza di sicurezza. Aperto il cofano qualcuno ha tagliato i cavi della batteria. Abbiamo offerto ai bimbi della cioccolata per cercare di calmarli e abbiamo segnalato l’incidente ha chi arrivava lungo la rampa. Ognuno di noi ha fatto qualcosa per rendersi utile e ci siamo allontanati solo quando sono arrivati croce rossa e polizia. Sicuramente abbiamo fatto ciò che avrebbe fatto chiunque al nostro posto, ma a ripensarci è stata veramente una bella sensazione vedere come tutto il gruppo ha saputo far fronte all’emergenza. Sono sempre stato un sostenitore dei viaggi in solitaria e ne resto convinto. Viaggiare in gruppo, quando il gruppo è coeso e motivato come lo siamo stati noi in questo raid da una tranquillità che riesce a farti godere anche dei momenti più difficili. Viaggi con la certezza che in ogni caso c’è qualcuno con te che ti aiuterà ad arrivare a casa con la tua Vespa, anche se magari non in sella come nel caso di Rix e Magic.

J come JURY. Un cosacco di nome e di fatto, che sembra nato con il colbacco di pelliccia sulla testa. Il colbacco: uno degli innumerevoli articoli del suo colossale bagaglio. Tra gli altri oltre alle già citate mutande in goretex una torcia mag-lite lunga un metro e del peso di un paio di chili che con il suo fascio di luce avrebbe potuto guidare l’atterraggio di un Jumbo. Poi una fornita dotazione di scaldini chimici per mani e piedi, le fondamentali mollette per stendere il saccopelo. La sera prima della partenza, a Padova, ho dormito in stanza insieme a lui e ad Argento. Prima di dormire ha steso in bella mostra sul letto tutta la sua attrezzatura per un controllo finale. Io e Argento ci siamo guardati perplessi ammiccando alle nostre misere borse, di cui quella di Argento decisamente minimalista. Ci siamo seriamente chiesti dove pensavamo di andare senza niente di paragonabile alla scientifica attrezzatura di Jury...

K come KAKAO GETRUNK. Ovvero la cioccolata, da selezionare nei distributori automatici di bevande calde, presso le stazioni di servizio. C’era anche una bevanda misteriosa denominata "mokaccino" che però nessuno ha mai avuto l’ardire di selezionare.

L come LUCA. Il suo merito è quello di aver creato
Vespaonline un punto di incontro per dei nostalgici sognatori erranti su fumosi e scoppiettanti insetti di lamiera. In Italia i Vespa club non mancano di certo, ma prima o poi chi li frequenta animato da una passione che va al di la del semplice collezionismo fine se stesso, inevitabilmente li trova un po’ ingessati. La Vespa non è fatta per essere spolverata e messa in mostra, ma per essere sporcata di polvere, di fango e nel nostro ultimo caso del sale sparso sulle strade d’Europa. Grazie a Vespaonline, alla passione e all’esperienza di Luca troviamo lo stimolo e l’occasione per muoverci lungo itinerari che magari per conto nostro non percorreremo mai. C’è sempre un lucido folle che salpa verso il nulla alla volta delle Indie e finisce in America. Quando è nata Vespaonline io non c’ero, ma credo che Luca cercasse solo di creare uno spazio dove potersi informare meglio su ciò che è e rappresenta il fenomeno Vespa. Sarà un caso se alla fine dello scorso anno, anche lui insieme ad altri, folli come lui, è sbarcato proprio in America? Sarà un caso se nel dicembre del 2005 anch'io ero tra quei folli che insieme a lui hanno attraversato l'Argentina dalla Pampa alla Patagonia fin giù alla Tierra del Fuego in sella alle nostre vespa?


M come MAGIC (in verità il suo nick sarebbe Vespa Magic ma il buon Cesta l’ha subito rinominato Magic Moment...). Al secolo Christian. Credo fosse il suo debutto a un Raid. Sicuramente non ha scelto di cominciare con qualcosa di facile. Forse la mancanza di esperienza gli ha impedito di gustarsi appieno l’avventura. La sua caduta nell’entusiasmo dell’arrivo a Zell ha un po’ condizionato tutta la sua partecipazione. Ha avuto comunque il coraggio e la forza di arrivare sin dove ha potuto e l’umiltà di chiedere aiuto e tirarsi indietro quando non ce l’ha fatta più, prima di finire col mettersi in pericolo. Credo che comunque anche per lui, alla fine, il bilancio di questa avventura nonostante tutto sia stato positivo.

M come MATTONE. O meglio "il mattone di Argento". Solo a lui poteva venire in mente di mettere nel suo essenziale bagaglio un mattone refrattario (quelli con cui sono fatti i forni per intenderci). Lo lasciava per ore accanto al fornello o direttamente nel fuoco e poi al momento di andare a dormire lo avvolgeva in un giornale e se lo metteva nel saccopelo: geniale!

N come NOTTE. Viaggiare di notte: una situazione che non ho mai amato, soprattutto per problemi di vista che di notte si accentuano con i riflessi sulla visiera. Quando viaggio per conto mio cerco sempre di evitare di trovarmi ancora in strada col buio. In questo raid è stato inevitabile: le giornate erano ancora corte e molti i chilometri da percorrere in ogni tappa. Nel gruppo ho trovato la forza per superare questo mio limite. Ho scoperto che viaggiare di notte ha anche un suo fascino, nonostante il freddo e le strade gelate non consentano distrazioni. Gli ultimi chilometri che da Passau salgono a Solla lungo la strada che si snoda in mezzo alla foresta bavarese sono stati magici. Viaggiavamo nel buio totale rischiarato solo dalla luce dei fanali del serpentone di Vespa, nel suggestivo chiarore della neve che ammantava tutto quanto intorno. Ai lati della strada neri abeti carichi di neve... dietro una curva un’autentica apparizione: in piena notte in quella strada in mezzo al nulla un vecchio cieco che agitava nella notte il suo bastone bianco per farsi scorgere sentendoci arrivare. Una magia nella magia. Quando poi ne abbiamo riparlato questo episodio ci è sembrato talmente irreale da chiederci se l’avessimo visto veramente.



O come OSPEDALE. Una tappa del nostro Raid di cui tutti avremmo fatto volentieri a meno. Dopo che Rix è stato "morso" dalla sua Vespa indispettita per l’ennesima rottura è stato inevitabile portarcelo. Fortunatamente i tempi di attesa sono stati ragionevolmente brevi per non infierire particolarmente sulla nostra già pluriritardataria tabella di marcia.

P come PAGLIA. Venduta in balle direttamente dagli organizzatori o dagli agricoltori del luogo nelle vicinanze del raduno. Un isolante naturale utilizzato sotto le tende o nel nostro caso per foderare i sedili scavati nella neve attorno al fuoco del nostro bivacco.

Q come QUAD, il "motociclo" fuoristrada a quattro ruote. Non presentatevi all’Elefanten Treffen su un quad perchè non vi fanno nemmeno avvicinare. Qualsiasi veicolo con più di tre ruote viene fermato a qualche chilometro dal raduno e dirottato nei vari parcheggi. Gli unici quad ammessi erano quelli dell’organizzazione, impegnati nel recupero a traino di quanti non riuscivano più a risalire fino all’uscita.

R come Rix, al secolo Riccardo. Anagraficamente il più giovane membro della spedizione. Di poche parole e molti fatti ha saputo integrarsi perfettamente nel gruppo. La sfortuna l’ha perseguitato in particolar modo, senza comunque mai fargli perdere il sorriso. La frizione è stata il suo punto debole fino al punto da immolare il suo braccio nell’ultimo fatale tentativo di riparazione. Anche in quel caso ha dimostrato una freddezza ammirevole, contribuendo a mantenere la serenità del gruppo anche in una circostanza del genere. Un VOLista di nuova generazione che fa ben sperare per il futuro della nostra comunità.

R come ROBY, ovvero Roberto. Calato alla perfezione nel suo ruolo di driver del cardaja, per solidarietà col gruppo avrebbe almeno potuto viaggiare con i finestrini aperti. Ha preferito tenere il riscaldamento a manetta e starsene a bordo in maglietta. Il suo compito al campo era dirigere il montaggio del tendone. Innumerevoli e pittoreschi i suoi battibecchi con Luca per i più svariati argomenti. Ha trascorso il tempo libero da altre occupazioni attaccato al cellulare, a tessere una fitta rete di "pubbliche relazioni". Non ha nascosto il suo disappunto per la posizione defilata nella quale abbiamo piantato il campo: fosse stato per lui avrebbe messo la tenda direttamente al centro della mitica Arena....

S come SENZABENZA, al secolo Federico. La sua particolare postura una volta sceso dalla Vespa faceva supporre che fosse rimasto surgelato, sigillato nel suo chiodo in pelle nera. Un altro personaggio di cui VOL non potrebbe fare a meno. Al momento di coricarsi, pur restando praticamente vestito, prima di infilarsi nel saccopelo indossava sopra agli abiti un pigiamino azzurro con gli orsetti. Dice che gli concilia il sonno. Mitiche le sue lotte con le lenti a contatto, alla luce della pila, con l’assistenza del fido Cicalone. Come tutto il resto anche quelle alla mattina erano congelate. Dalla capitale con furore: dopo il Raid dei deserti e quello degli Elefanti chi lo ferma più?

S come SALE sulla STRADA, in particolare in Germania. Le strade erano letteralmente bianche di sale, che ha finito per ricoprire di una polverosa patina bianca Vespa, vespisti e quant’altro.

S come STINCO precotto, altro alimento simbolo di questo Raid. Una vera manna nella congelata cena di Zell alla prima sera. L’estro culinario di Jury ha fatto si che la scorta di stinchi e cotechini rientrassero (surgelati) alla base.


S come SOTTOZERO. Una cosa talmente ovvia che quando ci informavamo su che temperatura ci fosse la risposta era semplicemente "15" o "7" o "20": che fosse sottozero era sottinteso.

T come TERMOMETRO. Erano due quelli a cui facevamo riferimento. Uno era applicato al manubrio del PX di Luca. L’altro era il mio applicato col nastro adesivo al parabrezza. Classico a mercurio è stato soprannominato "Gianni l’ottimista" in quanto segnava mediamente tre o quattro gradi di "caldo" in più rispetto a quello di Luca. Ciò non gli ha impedito di indicare un -20 nella gelata notte a Zell.

U come UBRIACHEZZA. Personalmente quando sono andato a coricarmi non ho mai notato che qualcuno avesse in qualche modo ecceduto nel bere. La mattina prima di ripartire dall’Elefanten però, trovando ciò che restava di un abete che ardeva pigramente nel fuoco del nostro bivacco, ho intuito che forse non era stato proprio così per tutti...

V come VESPA ovviamente, e non c’è da aggiungere molto. Anche una Vespa strettamente di serie come la mia è stata perfettamente in grado di portare a termine questa avventura.

Z come ZELL AM SEE. La prima tappa del nostro Raid. Personalmente quel primo giorno di viaggio mi sembrava di non arrivare mai. Era buio, avevo sempre più freddo e non avevo una precisa idea di quanto mancasse. Non vedevo l’ora di infilarmi nel saccopelo in tenda: poi pensavo che una volta arrivato ci sarebbe stato il cardaja da scaricare, la tenda da montare, la cena da preparare prima di poter mangiare qualcosa di caldo. Mi maledicevo pensando "...ma chi cazzo me l’ha fatto fare?" Immaginavo che invece gli altri fossero perfettamente a loro agio, che fatica, stanchezza e freddo fossero solo un problema mio. A non più di un minuto di strada dal campeggio Magic infila l’anteriore nella neve a lato strada e va in terra... ci siamo fermati tutti ad aiutarlo: nulla di grave fortunatamente. In quella circostanza ho potuto guardare gli altri negli occhi. Qualcuno ha detto "Occhio ragazzi, non rilassiamoci proprio adesso: siamo tutti stanchi...". Eravamo tutti in ballo e tutti nelle stesse condizioni. Mi sono sentito più forte. Dieci minuti dopo eravamo piegati in due dal ridere per la faccia dell’addetto al campeggio, quando aveva capito che avremmo pernottato in tenda con tutto quel freddo... Ecco, da lì in avanti per me l’Elefanten Treffen è stato come dire... tutto in discesa. Ci sono stati altri momenti difficili, altro freddo, altre strade gelate, altri chilometri nella notte, ma non ho mai dubitato, nemmeno per un attimo, che tutti quanti insieme ce l’avremmo fatta.



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