"LE PERSONE NON FANNO I VIAGGI, SONO I VIAGGI A FARE LE PERSONE" (John Steinbeck)

Parafrasando John Steinbeck (... tratto e interpretato dall'incipit del romanzo "Viaggio con Charley")
...........................................

La Vespa, il pallone e la luna piena

:
Domani sarà l’ultima notte del mese di luglio. La luna è tonda e piena, come un’enorme palla screziata d’argento che incombe. Il caldo in città è asfissiante anche di notte, quasi che trasudando dall’asfalto sommergesse tutto e tutti fino a una spanna sopra la testa. È come stare immersi in una piscina densa e calda, dove non si tocca e si fatica a riprendere fiato. Qui invece si sta bene. Anzi, a dire il vero fa quasi fresco. A quanto sarò? Otto o novecento metri, non di più, ma sono già abbastanza perché l’aria finalmente non sia più la stessa. Posticino strategico questo, ma bisogna conoscerlo. Bisogna infilarsi nel bosco, ci si passerebbe anche in macchina, ma poi si potrebbe tornare soltanto in retromarcia. Venti, trenta metri, non di più. Si scavalca un terrapieno e quando sei in cima per un attimo la luce del faro spara in cielo come una fotoelettrica alla ricerca dei bombardieri in tempo di guerra. Dura solo un istante, poi sei sulla radura.
Spengo immediatamente la Vespa e per qualche istante il buio è totale prima che gli occhi si abituino all’oscurità. Le orecchie impiegano qualche secondo in più per assuefarsi al silenzio e la sensazione di udire ancora gli echi del motore persiste più a lungo. Nella notte la collana di luci dei paesi sulla sponda disegna approssimativamente la sagoma del lago, giù la in fondo. Il versante è esposto e la corrente d’aria che sale dal lago mi sfiora ed è ancora più forte la sensazione di vuoto del precipizio che so esserci solo qualche metro avanti anche se non ne distinguo il margine. Senza scendere, col tacco punto il cavalletto e piantati i piedi a terra, tirando dal manubrio, posteggio, accomodandomi in sella con le braccia incrociate sul petto e la schiena dritta, guardando verso il lago, nel buio...
Pareggio! 4 a 4! Mancavano meno di cinque minuti... mancava tanto così... ci siamo fatti infilare come dei polli! Per non parlare poi del fallo che hanno fatto proprio su di me poco dopo! Non esiste giocare per divertimento. Si gioca per vincere anche quando non c’è niente in palio e se non si vince non ci si diverte veramente. La compagnia, gli amici, ok, vanno bene, ma era meglio vincere. Mi sono inventato calciatore recentemente in quanto era l’unica maniera per continuare a tenermi in movimento. Dopo aver passato la vita a fare tutt’altra disciplina mi sono reso conto che lo sport ormai lo concepisco solo come attività di squadra, e che mi diverto proprio perché c’è competizione. Ho provato la corsa, la bici, la palestra... una noia mortale!
A calcio me la cavo quanto basta, niente di più. I primi tempi finivo sempre in porta. Poi mi hanno messo all’attacco "così almeno non fai danni". Secondo me ero un buon opportunista: punta fissa (e mai termine si rivelò più calzante!), anche se le percentuali di realizzazione non erano entusiasmanti. Ora è qualche tempo che gioco come terzino sinistro ma non ricordo come fu che mi trovai un giorno a essere schierato in difesa. È certo però che in questo ruolo ho trovato la mia collocazione. In fase difensiva me la cavo senza neanche troppi falli. In fase costruttiva ho ancora, diciamo così, qualche imbarazzo. L’importante è dare via in fretta la palla, in modo che gli avversari non se ne accorgano e soprattutto cercare di mandarla il più lontano possibile. Non importa se poi non c’è nessun compagno a riceverla: puoi sempre provare a dare la colpa a lui che non era al posto giusto!
...la sacrosanta doccia aiuta a levarmi di dosso la delusione e in parte la stanchezza. In parte, perché il caldo anche se ormai è sera fatta è sempre insopportabile. Lego la borsa davanti, un colpo di pedivella e parto subito: non voglio perdermi nemmeno un istante della meravigliosa sensazione di frescura dovuta all’asciugarsi di quel velo di sudore che, nonostante la doccia, ha già iniziato a formarsi sulla pelle. Tiro leggermente indietro la testa, in modo che l’aria possa insinuarsi meglio nel casco, tra i capelli ancora umidi, rinfrescandomi così fin nel cervello... meraviglioso!
L’idea di viaggiare di notte, se per viaggiare si intende percorrere strade che non si conoscono, non mi ha mai attratto particolarmente. Di norma preferisco fermarmi prima che faccia buio. Mi piace invece partire di notte e farmi trovare in sella in quel momento, o meglio in quella fase in cui dal buio della notte gradualmente si passa alla luce del giorno. Mi piace l’atmosfera dell’alba che regala infiniti dettagli di ciò che mi circonda, così come non mi piace quella del tramonto, che dopo averti ipnotizzato con tonalità impossibili fa lentamente sparire tutto quanto inghiottendolo nel buio.
Non so bene perché io non abbia preso la via di casa questa sera: è notte e sto andando esattamente nella direzione opposta. Sono sulla provinciale e il traffico è scarso. Ora vado più veloce e fatico nel tenere la testa leggermente all’indietro come facevo prima: tanto ormai i capelli sono asciutti e quindi giù la visiera. Passo attraverso un paese che è praticamente deserto nonostante non sia poi così tardi. Luci azzurrine filtrano dalle finestre: tutti in casa davanti alla tivù, magari col ventilatore puntato addosso. Me li vedo, accaldati e stravaccati sul divano a darsi di tanto in tanto una manata per cercare di fottere una di quelle maledette zanzare...
Peccato averli fatti pareggiare! Ma la cosa che mi rode di più è che nonostante il pareggio avremmo potuto vincere comunque... negli ultimi minuti la boccia l’abbiamo sempre avuta noi e loro non sono più riusciti a passare la metà campo. Quando dietro siamo piazzati in tre in linea e quelli a centrocampo non li lasciano partire palla al piede siamo praticamente insuperabili. Io poi, non avendo mai avuto una preparazione specifica al gioco del calcio, sono praticamente immune dal cadere nell’inganno delle finte. Gli attaccanti fanno tutto il loro repertorio di mossettine e mezzi passi per farmi credere che passeranno da una parte, ma loro non sanno che io non so che fanno quel tal movimento per farmi credere di aggirarmi da quella parte. Così io non mi muovo, resto fisso sulla palla e spesso riesco a toccarla portandogliela via dai piedi, o a disturbarli tanto da fargli poi sbagliare il passaggio. In genere poi, conoscendo i miei limiti, sono molto prudente. Raramente mi spingo in avanti e resto più volentieri indietro a coprire quando si sganciano in attacco i miei soci della difesa.
...mi supera veloce un’auto scura che riversa dai finestrini abbassati fino in fondo il ritmico rimbombo ovattato di un brano disco, con i bassi pompati al punto da farmene percepire fisicamente la vibrazione. Mi passa troppo vicino facendomi il "pelo" ma rinuncio a qualsiasi rimostranza: loro sono almeno in quattro, anche se dal casino che fanno potrebbero anche essere in sei o sette li dentro... e poi fa troppo caldo! Avevano tanta fretta nel volermi sorpassare e poi si sono fermati subito dopo davanti a un locale con l’ingresso che si affaccia sulla strada. C’è gente che aspetta il proprio turno per entrare e dalla porta aperta filtra sempre il medesimo fastidioso rimbombo ovattato. Mi allontano godendo del "silenzio" che mi accompagna...
Non so bene come ho fatto a trovarmi a due metri dalla porta avversaria proprio mentre la palla arrivava da destra rotolando veloce a fil di prato, attraversando indisturbata tutta l’area. Puro istinto: mi sono preparato di piattone sinistro anche se non è il mio piede, tanto da lì era impossibile sbagliare. Il portiere non ci sarebbe mai arrivato. L’unico modo di sbagliare sarebbe stato quello di non inquadrare la porta, ma da lì francamente era proprio impossibile: un match point servito su un piatto d’argento. L’avversario non l’ho proprio sentito arrivare. Non mi ha fatto neanche male: è arrivato da dietro quando la palla era quasi alla mia portata, mi si è infilato in mezzo alle gambe e mi sono trovato sdraiato sopra di lui, mentre il pallone rotolava beffardo verso il fondo campo. Rigore netto. -Batto io!- dico pronto. -Batti tu?!? no dai, facciamo tirare lui... è un attaccante!- Io replico: -Ma il fallo l’hanno fatto a me!- - Si vabbè... però è meglio se tira lui...-
...il suono del motore non si può considerare fastidioso, almeno per chi sta in sella. Viaggio isolato, immerso in un involucro impalpabile generato dal rumore dell’aria e del motore. È già qualche chilometro che ho lasciato la provinciale, la salita inizia a tirare. Intorno il bosco è fitto e l’asfalto è caratterizzato dall’ombra originata dalla luce della luna piena sulle frasche. Un susseguirsi di curve a seguire il profilo irregolare della montagna, senza veri tornanti in quanto la salita è molto lunga in rapporto alla quota che si raggiunge in cima. La Vespa si arrampica che è un piacere starci seduto sopra. Il motore non lo porto mai al massimo e le marce entrano quasi da sole, con le mani leggere, nell’istintiva coordinazione di frizione, cambio e manopola del gas. Terza, seconda (un’accellerata un po’ più lunga), poi terza di nuovo, ancora gas, quarta (ma per poco) e poi di nuovo terza e così via...
Ora c’è un lungo tratto di salita prevalentemente rettilineo. Il bosco non c’è più, solo arbusti. È bruciato tutto tempo fa e ci vorranno anni prima che ogni cosa torni come prima. La strada non è più sovrastata dalle piante e adesso vedo la luna nitida sopra di me, leggermente sulla destra. È tanto limpida che quasi abbaglia, disegnando sull’asfalto la mia ombra in sella alla Vespa, netta e ben delineata sulla sinistra, appiccicata dietro di me come se cercasse di sorpassarmi. L’ombra continua a seguirmi e riesce a superarmi solo dopo che ho scollinato: ora che sono sull’altro versante la luna è alle mie spalle. Adesso c’è un altro lungo rettilineo davanti a me, in discesa questa volta. Lascio filare la Vespa da sola alla sua velocità, e per un lungo tratto mollo le manopole e allargo le braccia distendendole come ali. La mia ombra esegue fedelmente la stessa manovra. Mi sembra di volare. Ho la tentazione di chiudere gli occhi per assaporare fino in fondo questo momento, ma l’istinto di sopravvivenza è più forte e gli occhi restano bene aperti, senza per questo togliere nulla alla magia che sto vivendo. In fondo al rettilineo torna a esserci il bosco e la luna proietta nuovamente l’ombra delle frasche sulla strada e la mia sagoma quasi scompare. Rallento: l’ingresso della radura era qui da qualche parte, in mezzo a questi alberi...
Così alla fine della discussione ha tirato lui... direttamente in bocca al portiere! E nemmeno tanto forte. 4 a 4 e tutti a casa.
...l’aria fresca che si respira quassù mi calma ma al tempo stesso mi sento agitato: c’è qualcosa che non va, che mi disturba. Sono sicuro che quel rigore io non l’avrei fallito. Niente di raffinato intendiamoci: una bella puntata forte forte, con tre passi di rincorsa, che se anche la parava gli spezzavo le dita! Scendo dalla Vespa e faccio qualche passo verso il precipizio... guardo nel vuoto... la tentazione e fortissima ma non voglio arrendermi così: in fondo è solo una partita di calcio. Mi dico che non ne vale la pena. Guardo in basso senza vedere il fondo del precipizio che si perde nel buio, sperando inconsciamente che il rendermi conto della grande altezza possa farmi desistere. Devo farlo. Non mi importa di cosa diranno di me, di cosa penseranno i miei compagni di squadra, i miei "amici"... faccio un altro piccolo passo verso il baratro. L’aria che sale è ancora più forte e sembra già di cadere... faccio un respiro profondo chiudendo gli occhi... so cosa devo fare... devo farlo... devo farlo...
Torno alla Vespa, apro la borsa e tiro fuori il pallone. Ora che gli occhi si sono abituati all’oscurità, grazie alla luce della luna che solo domani sarà totalmente piena vedo tutto distintamente. So cosa devo fare. Con cura piazzo il pallone nell’erba, a meno di un metro dal margine del precipizio. Cammino a ritroso per qualche passo. Mi fermo. Fisso il pallone. Alzo lo sguardo verso il vuoto davanti a me, giusto per un attimo (...affinché l’immaginario portiere non intuisca le mie intenzioni), poi abbasso la testa e parto deciso con la rincorsa... punta piena, proprio in mezzo alla palla! Parte veloce, argentata anch’essa come una luna un po’ più piccola, una meteora silenziosa che disegna nel cielo buio una parabola che diventa infinita quando il pallone scompare inghiottito dall’oscurità ...imparabile!
Adesso sì, adesso mi sento straordinariamente bene!