"LE PERSONE NON FANNO I VIAGGI, SONO I VIAGGI A FARE LE PERSONE" (John Steinbeck)

Parafrasando John Steinbeck (... tratto e interpretato dall'incipit del romanzo "Viaggio con Charley")
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Trafficando nel traffico

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Quest’oggi, complice la giornata di bel tempo, ho lasciato volentieri il furgone in garage e ho preferito la Vespa per i miei traffici quotidiani, grazie anche al piccolo cabotaggio degli stessi che per una volta mi consentiva di potermi spostare con un veicolo meno ingombrante. Il cielo oggi è stato sereno e soleggiato, rinfrescato da un’aria frizzantina, tanto fresca che sembrava lasciarmi addosso una vago sentore di mentolo. Non sapete quanto adoro girare per lavoro in Vespa: sono vestito più accuratamente di quando di solito monto in sella per diletto, oggi con una bella camicia morbida blue scuro (che mentre viaggio si gonfia che è uno spettacolo!) e un paio di calzoni chiari. La borsa con tutti gli scartafacci legata al portapacchi davanti mi da giusto quel tocco in più che mi fa sentire così bene, tanto che mi sembra di viaggiare sospeso a un centimetro dall’asfalto. Varie commissioni da sbrigare nei paesini del circondario per poi spingermi nel pomeriggio fino in città. Un sopralluogo da fare in riva al lago, un lavoretto da finire poco oltre, a due passi dal confine. Un ordine finalmente sottoscritto con un concessionario di auto di lusso. Un salto in assicurazione (per una volta come fornitore e non come cliente!). Sono riuscito anche a ritagliarmi il tempo per una capatina dal mio Piaggio-Men di fiducia per scambiare un "allora come va? sempre in giro eh! stì ragazzini mi tirano scemo! quando si parte per le ferie? mica come la sua, questi affari qui... quelle si che erano Vespe! viaggi lunghi quest’anno? scappo in officina che ciò un casino di roba da fare... arrivederci!" e approfittarne per comprarmi qualche cavetto di scorta, cosa che magicamente ha incominciato a farmi entrare nella giusta lunghezza d’onda per gli imminenti viaggetti.
Rientro a casa per mangiare una bistecca e stendere la lavatrice che ho fatto partire stamattina prima di uscire (... la moglie in vacanza... il marito in città!). Altro sopralluogo in un ufficio. Mi vibra la tasca...: c’è uno in studio che mi aspetta di cui mi ero dimenticato: "digli che sto arrivando!" Grazie alla Vespa in cinque minuti sono lì. Poi di nuovo in strada per arrivare in banca giusto un’attimo prima della chiusura pomeridiana dello sportello. Un salto da mia mamma che abita li vicino.
Ore 17 rientro alla base "sano e salvo". Ci sono un po’ di telefonate da fare, ma possono aspettare fino a domattina (eccheccazz... mica sono un neurochirurgo!).
Perché scrivere di tutto ciò? Tutto ruota attorno all’espressione che ho usato poco fa, quel "sano e salvo" che non è solamente un modo di dire, ma diventa un dato di fatto. Da quando sono uscito stamattina ho percorso un centinaio scarso di chilometri. Saranno che negli ultimi tempi si evidenzia una tendenza al crash-test anche per pacati vespisti di lungo corso e provata esperienza che non risparmierebbe nemmeno chi si dotasse di tutti i più moderni ritrovati quali il freno a disco, ABS, forse l’air-bag, le rotelle antiribaltamento, il cavalletto laterale, il GPS...
Oggi non ho potuto fare a meno di far caso a quante volte si rischia letteralmente la scorza girando in Vespa. Il ridicolo cicalino pomposamente definito avvisatore acustico, che a seconda dei giri del motore lancia striduli versi rauchi o asfittiche pernacchie, oggi mi avrà tolto da incombenti imbarazzi non meno di tre o quattro volte. In Vespa esisti solo se ti sentono. Di vederti non se ne parla proprio. Oggi mentre ero lanciato (!!!) lungo un viale cittadino a doppio senso, una Megane davanti a me non ha trovato di meglio che fare un’inversione a "U" al volo, ci mancava solo il colpetto di freno a mano! Di fronte non arrivava nessuno, questo è vero, ma da dietro?!? C’ero io! che senza aver tempo di controllare mi sono dovuto buttare tutto a destra, rasare un muro e cercare poi di far tornare le pulsazioni a un ritmo accettabile. Un paio hanno tentato di immettersi senza dare la dovuta precedenza prima che li stoppassi al suono del cicalino. Un tale su un furgone ha deciso di farsi lo sconto ed è partito mentre era ancora rosso (...tanto il rosso contemporaneo agli incroci micidiali vale solo per i babbei). Ovviamente non è mancata una portiera che si spalanca, ma questa è routine. Ma uno deve accendere un cero ogni volta che torna a casa? Indubbiamente è innegabile l’influenza statistica. C’è bel tempo, si passa più tempo in sella e più tempo si passa in sella più aumentano le probabilità di fare il botto; ma per caso l’ha detto il dottore che un’automobilista non può tornare a casa se prima non stende un motociclista? Probabilmente il fatto che a noi capita di spostarci sia su due che su quattro ruote ci da una sensibilità tutta speciale che ci consente di tenere nella giusta considerazione gli altri utenti della strada, particolarmente quando noi siamo su quattro ruote nei confronti di quelli che viaggiano su due soltanto. Non posso proprio definirmi uno scavezzacollo: nella spirale del mio DNA i cromosomi di Gilles e Ayrton (...scusate, ma il teutonico mentuto driver delle Rosse lo trovo troppo ingessato per definirlo un funambolo della pista, e a mio avviso lo dimostra anche il fatto che fortunatamente sia ancora in vita, al contrario degli altri due) sono praticamente assenti e la mia andatura quando la strada è poco meno che rettilinea lo dimostra. Si parla tanto del patentino per i motociclisti... ma la patente della macchina? Vogliamo parlarne? La patente auto dovrebbero rilasciarla solo dopo un certo numero di ore di moto (come le ore di volo per i piloti d’aereo per intenderci). Diciamo un migliaio (in fondo si tratterebbe solo di un’oretta al giorno per qualcosa meno di tre anni!) di cui almeno un 30% con la pioggia. Forse così tutti saprebbero valutare lo spazio di arresto di uno scooter quando piove. E per fortuna che oggi c’era il sole!

Se non sbaglio, nel comasco, dalle parti della Madonna del Ghisallo, c’è un santuario o qualcosa del genere che riguarda proprio i centauri sopravvissuti e quelli ahimè meno fortunati. Una sorta di santo protettore. Se si organizza un raduno (ma va bene anche una gita delle pentole in torpedone) io ci sto: prevenire è sempre meglio che curare (lo disse anche il dentista!).